Benvenuto sul mio sito. Sono Pippi Mellone e sono sindaco protempore della città di Nardò. Sono stato eletto sindaco il 19 Giugno 2016, alla guida di una coalizione trasversale ( 50,28%). Poco più di cinque anni dopo, il 4 ottobre del 2021, ancora una volta alla guida di una coalizione civica trasversale ed estranea ai partiti tradizionali (Pd, Italia Viva, Forza Italia ecc.), sono stato riconfermato alla guida della città. Tre neretini su quattro, già al primo turno, hanno scelto di continuare la mia rivoluzione gentile, operosa e verde e mi hanno tributato un incredibile consenso del 74,08%. Si tratta del risultato più alto d'Italia in una città con oltre 15.000 abitanti". |
IL CANDIDATO CIVICO PIPPI MELLONE HA CONQUISTATO IL 74,08% BATTENDO TUTTI AL PRIMO TURNO: FORZA ITALIA, UDC, PARTITO DEMOCRATICO, ITALIA VIVA, MOVIMENTO 5 STELLE E UN MOVIMENTO DI SINISTRA. ![]() «Se dovessi preoccuparmi delle polemiche, sarei a casa a fare altro. I cittadini apprezzano il mio modo di amministrare e forse ciò infastidisce molte persone, non solo in Puglia». di Antonio Di Francesco Scordatevi le categorie politiche, nella salentina Nardò - circa 30.000 abitanti nella provincia di Lecce - non c’è posto per destra e sinistra. Del resto, di collocarsi in un solo schieramento il sindaco appena rieletto, Pippi Mellone, non ha alcuna voglia: «Il nostro movimento è nato con l’obiettivo di andare oltre, di superare quelle lunghe discussioni che vertono sul nulla. Sarà anche per questo che i cittadini mi hanno scelto, senza che nessuno venisse qui per incoronarmi. A differenza dei miei avversari, non ho avuto bisogno di Conte, Di Maio e Provenzano. Ci siamo imposti contro tutto e tutti». I numeri, in effetti, somigliano a quelli di un plebiscito: 74% consensi, quasi cinque volte in più rispetto a quelli incassati dal suo diretto concorrente, Carlo Falangone, sostenuto dal Partito democratico e il Movimento 5 Stelle. Sindaco Mellone, si sente una sorta di variabile impazzita della politica? «Perché dovrei?». Le attribuiscono una certa simpatia nei confronti di Casapound, ma alle amministrative ha ricevuto l’appoggio di Michele Emiliano, vicino al Pd. «La nostra è una coalizione trasversale, che si presenta sotto una veste civica. Ci sono varie sensibilità, estrazioni e storie. Non ho mai militato in Casapound, né avuto tessere. La mia storia è all’interno di Azione Giovani, il movimento giovanile di Alleanza Nazionale». Lei magari no, ma il più votato dopo il sindaco si chiama Pierpaolo Giuri: ex referente cittadino di Casapound, l’ha sostenuta con la lista Difendere Nardò. «Non ci sono dubbi sul fatto che Giuri sia vicino a Casapound, ma questo non fa di me un simpatizzante. Si tratta di un sillogismo a cui credono in pochi, probabilmente solo i giornali di sinistra. La mia elezione, così come quella precedente, è frutto di un lavoro costante sul territorio, di una militanza e di una presenza assidue. Le persone lo sanno e ce lo hanno riconosciuto». Nel corso della campagna elettorale è rispuntato fuori un video di qualche anno fa, che la immortala durante il rito del <Presente> in ricordo di Sergio Ramelli. «Ho visto molti commenti in merito, la invito a controllare se il sottoscritto fa il saluto romano oppure no». Lei era presente: qualcuno le ha chiesto di dissociarsi? «Da cosa dovrei dissociarmi? Dalla commemorazione di un ragazzo ucciso a colpi di chiave inglese? Dovrebbero dissociarsi altri, da qualcosa di ben più grave». Che ne pensa dell’idea del sindaco di Milano, Beppe Sala, di far firmare ai consiglieri una dichiarazione di antifascismo? «Mi fa molto sorridere. Il dibattito sul fascismo e l’antifascismo mi sembra una cosa fuori dal tempo, almeno nel 2021. Sono argomenti buoni per la campagna elettorale della sinistra, da tirare fuori almeno 15 giorni prima del voto. È sempre così: a ogni tornata spunta fuori l’emergenza fascismo. Mi sembra che nel Paese le emergenze siano altre, a iniziare dal lavoro. E poi, in queste settimane ho visto sventolare bandiere con la falce e il martello in alcune manifestazioni: firmiamo contro anche in questo caso?». Come è nato l’appoggio di Michele Emiliano? È stata «un'amicizia a prima vista»? «Nata quasi per caso, aggiungerei, con un apprezzamento al suo lavoro attraverso un’intervista. Mi ha chiamato per ringraziarmi e da lì è nato un rapporto di collaborazione e simpatia». In molti, nel Partito democratico, hanno alzato il sopracciglio: «L’appoggio a Mellone da parte di Michele Emiliano è inaccettabile», era il parere più diffuso, anche a livello nazionale. «Quello che succede all’interno del Pd non mi riguarda. Evidentemente, i nostri risultati li disturbano. Sono venuti a Nardò tutti i leader della coalizione giallorossa, ma il loro candidato ha preso il 15% dei voti. Il Movimento 5 Stelle ha registrato forse il peggior dato nazionale: 1,5% dei consensi, 309 preferenze appena». Il senatore Dario Stefàno (Pd) si è autosospeso con queste motivazioni: «Emiliano non può rinnovare pubblicamente il sostegno a un sindaco di Casapound e, contemporaneamente, gestire le dinamiche del Pd». Sa di aver causato una di crisi di nervi a sinistra? «Evidentemente hanno una certa ossessione per Casapound e altri movimenti di destra, che nulla hanno a che vedere con la mia storia politica. Leggo continuamente critiche nei miei confronti: fascismo, estremismo e altre menate simili, che mi sembrano veramente una forzatura. Sono nato nel 1984, non ho conosciuto né fascismo né comunismo». Ha fatto felice Matteo Salvini: «Per me una gioia aver vinto a Nardò», ha detto il segretario della Lega. L’ha chiamata? «Mi ha mandato un messaggio dopo l’elezione, per congratularsi». E Giorgia Meloni? «No, non l’ho sentita». Le è dispiaciuto, vista la stessa provenienza politica? «Conosco Giorgia Meloni dal 2004, da quando partecipavamo agli appuntamenti del movimento giovanile». Quelli in cui lei si presentava con lo zaino di Emergency? «Ho usato per anni lo zaino di Emergency: qui c’era un nucleo molto attivo, la loro forma di finanziamento era quella e l’ho comprato. Come vede, non sono mai stato ortodosso, neanche a destra, e oggi non ho bisogno di collocarmi. Se c’è una cosa che posso rimproverare a Giorgia Meloni, ammesso che sia possibile farlo con un leader nazionale così importante, è la scelta della classe dirigente in Puglia». Che cosa non va? «In tutta Italia la classe dirigente è quella di Azione Giovani: Donzelli, Montaruli, Carolina Varchi. A rappresentare il partito in Puglia c’è Raffaele Fitto, che credo abbia poco a che fare con la storia della Meloni. Forse è questo il suo principale problema sul territorio: una figura nuova avrebbe riscosso più successo, in un momento in cui il centrodestra è maggioranza in quasi tutte le regioni d’Italia». Il nuovo non è sempre garanzia di successo, non crede? «Sicuramente, ma in questo caso il vecchio è stato garanzia di insuccesso». L’hanno definita il «Donald Trump del Salento». Che ne pensa? «È un paragone divertente, ma non ci credo molto. E poi io non ho i suoi miliardi». Sarà per le sue espressioni, a volte piuttosto dirette? «È il linguaggio che mi appartiene, non lo disconosco. E probabilmente piace anche agli elettori che mi hanno confermato la loro fiducia». Per il quale però sta avendo anche qualche piccola grana giudiziaria: il Tribunale di Lecce l’ha condannata in primo grado per diffamazione per via di una frase pronunciata nei confronti di un consigliere comunale. «Non mi interessa tornare su una questione affrontata in altre sedi. La sentenza più importante l’hanno scritta gli elettori il 3 e 4 ottobre». Tempo fa se l’è presa anche con la sezione leccese dell’Anpi, definendola un «pericolo per la democrazia». «Non mi preoccupo per le parole contro l’Anpi Lecce. Mi preoccupano più le loro posizioni su Sergio Ramelli o Norma Cossetto, definita <presunta vittima delle foibe>, nonostante le motivazioni con cui le è stata riconosciuta la medaglia d’oro al merito civile dal presidente della Repubblica: <Imprigionata dai partigiani slavi, veniva lungamente seviziata e violentata dai suoi carcerieri e poi barbaramente gettata in una foiba>». Quella appena terminata è stata una campagna elettorale piuttosto accesa: non crede di avere esagerato con quel «Li asfalteremo» scritto prima del voto? «A Nardò abbiamo ottenuto dei risultati concreti: abbiamo portato finanziamenti comunitari, statali e regionali. Abbiamo rivoluzionato la città, con piste ciclabili, parchi e un nuovo lungomare. Ho voluto giocare su uno degli interventi più importanti fatti in questi anni: oltre 150 arterie stradali asfaltate, si tratta di uno dei temi che sta più a cuore ai cittadini, ai quali interessano queste cose e non le vuote discussioni di cui abbiamo sentito parlare in campagna elettorale». È per questo che si fa ritrarre spesso sulle ruspe? La sua pagina Facebook è piena di foto del genere. «Mi padre aveva una ditta di lavori stradali, sono un figlio d’arte. Mi viene naturale. Il tema della ruspa ricorda vagamente qualcuno: si ispira a Matteo Salvini? «No, è stato lui a richiamarsi a me». Anche lei fa un ampio uso dei social network e in rete è pieno di pagine a lei dedicate. «Credo sia necessario dare quotidianamente conto ai cittadini delle cose che facciamo con i loro soldi. La crescente popolarità dei miei social significa che questo tipo di comunicazione viene apprezzata». Dopo 6 anni di lavoro, stacca per qualche giorno e vola a Copenaghen. Si assenta per studio o per una vacanza? «Abbiamo fatto la giunta in tempi record, mi posso assentare per qualche giorno. Nardò è in buone mani». Anche i sindaci vanno in vacanza? «Sembra strano dirlo, ma capita anche a noi».
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